dalla Dottrina della scienza
§
L'IO PONE SÉ STESSO
Noi dobbiamo
ricercare il principio assolutamente primo, assolutamente incondizionato,
di tutto l’umano sapere. Dovendo essere principio assolutamente primo,
esso non si può dimostrare né determinare. Esso deve esprimere quell’atto
che non si presenta, né può presentarsi, tra le determinazioni empiriche
della nostra coscienza, ma sta piuttosto alla base di ogni coscienza, e
solo la rende possibile. […] a) Con la proposizione: A = A si giudica.
Ma ogni giudizio è, secondo la coscienza empirica, un atto dello spirito
umano, poiché essa ha tutte le condizioni dell’atto
nell’autocoscienza empirica… b) Ora, a fondamento di quest’atto sta
qualcosa che non è fondata su nulla di superiore, cioè […] Io sono. c)
Perciò questo è il fondamento assolutamente posto e fondato su se
stesso[...] e quindi il suo più puro carattere, il puro carattere
dell’attività in sé fatta astrazione dalle particolari condizioni
empiriche di essa. Quindi, il porsi dell’Io per se stesso è la pura
attività di esso — L’Io pone se stesso, ed è in forza di questo puro
porsi per se stesso; e viceversa: l’Io è, e pone il suo essere in forza
del suo puro essere…
J. G. Fichte, La dottrina della scienza, (a cura
di A. Tilgher, revisione di F. Costa, Bari, Laterza, 1971, pp. 73-77;
81-84; 85-87)
Giustificazione della rivoluzione
francese
Nessun uomo può
essere vincolato, se non da se stesso; a nessun uomo può essere data una
legge, se non da lui stesso. Se si lascia imporre una legge da una volontà
estranea, egli fa rinuncia alla sua umanità e si abbassa ad animale; e ciò
non gli è lecito. […] La questione era dunque: donde deriva
l’obbligatorietà delle leggi civili? Io rispondo: dall’accettazione
volontaria di esse da parte dell’individuo. [...]È dunque dimostrato che,
se veramente la cultura in vista della libertà è l’unico fine supremo
dell’associazione statale, tutte le costituzioni politiche che come fine
unico hanno lo scopo direttamente opposto e cioè la schiavitù di tutti e
la libertà di uno solo, la cultura di tutti per gli scopi di quest’uno e
l’impedimento di tutte le specie di cultura che conducono alla libertà
del maggior numero, non soltanto sono passibili di mutamento, ma debbono
anche di fatto venir mutate…
(J.G. Fichte, Contributo per rettificare i giudizi del pubblico sulla
rivoluzione francese, in Id., Sulla rivoluzione francese, a cura di
V.E. Alfieri, Laterza, Bari, 1974 42a ed.), pp. 91-95, 111-112)
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