La Controriforma

   
   

A partire dal XV secolo erano scaturite da diverse correnti del cattolicesimo esigenze di riforma della Chiesa ed erano state esercitate critiche corrosive indirizzate alle più alte cariche della gerarchia ecclesiastica, soprattutto a motivo dello scandalo rappresentato dal Grande scisma e dagli abusi che costellavano la vita della Chiesa. Così, il frate domenicano Girolamo Savonarola condannò severamente gli atteggiamenti mondani di papa Alessandro VI; il cosiddetto "movimento degli osservanti" (esponente di spicco del movimento fu tra gli altri san Bernardino da Siena), nato in seno agli ordini mendicanti, tentò di richiamare i membri a una maggiore conformità all'austerità della regola francescana; dotti umanisti come Erasmo tentarono di escogitare alternative alle sterili speculazioni della teologia accademica. Tuttavia, questi sforzi rimasero frammentari e privi di una prospettiva unitaria, e non incisero che sensibilmente sulle decisioni e sulle politiche della Chiesa, ma tutto il XVI secolo è stato segnato dai contrasti religiosi sorti a seguito della Riforma protestante avviata nel 1517 da Martin Lutero, il quale sostenne le stesse critiche alla gerarchia ecclesiastica. In pratica l’Europa fu spaccata a metà, protestante la parte centro-settentrionale cattolica quella meridionale, e le conseguenze furono notevoli anche sul piano culturale e sociale. In gioco non vi era solo un contrasto ideologico, ma uno scontro di potere che determinò un clima di guerra combattuta con le armi dell’inquisizione, dello spionaggio e della caccia alle streghe. E questa guerra divenne sempre più cruenta con la conclusione, nel 1563, del Concilio di Trento.

 

Come è noto, questo concilio, convocato nel 1545 per tentare una ricomposizione tra cattolici e protestanti, di fatto divenne il luogo di elaborazione di quella nuova ideologia della chiesa romana che, con la sua Controriforma, dava una risposta alla Riforma proposta dai protestanti. Si può definire “Controriforma”, dunque, il  movimento nato in seno alla Chiesa cattolica  con lo scopo di arginare le posizioni eretiche e le devianze dottrinali dovute alla Riforma protestante, rinvigorendo l'ortodossia, questo stesso movimento caratterizzò un'epoca con il tentativo di concretizzare le istanze e i fermenti di rinnovamento e di rigenerazione provenienti dall'interno del cattolicesimo stesso, che trovarono una controparte nelle discussioni dei concili. Il riprendere posizione della Chiesa non si stagnò solo in territorio italiano, dove la sua presenza era indiscussa come la sua influenza, (con gli strumenti di cui parleremo più avanti) ma la controriforma rinvigorì i cattolici della Germania che non si concessero tregua dopo la pace di Augusta del 1555 (tra l'imperatore Carlo V e i protestanti), che molti considerarono una vittoria dei luterani: sacerdoti tedeschi istruiti a Roma, come san Pietro Canisio, autore di un catechismo che costituì un'utile, benché più modesta, controparte di quello luterano, tornarono in patria più preparati in materia teologica e più agguerriti dei loro predecessori nell'opera di proselitismo. La tensione, alimentata dalle sovvenzioni economiche e dalle ingerenze straniere su entrambi i fronti, esplose nella guerra dei Trent'anni, che devastò la Germania dal 1618 al 1648, privandola del fervore religioso.

In Francia, a causa delle guerre di religione, la Controriforma ebbe inizio solo nel XVII secolo, dopo la proclamazione dell'editto di Nantes (1598), e fu caratterizzata dall'esercizio devozionale della carità verso i poveri e da missioni tra i contadini. Contemporaneamente san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra, pubblicò la sua Filotea o Introduzione alla vita devota (1608), opera di edificazione morale che ebbe grande diffusione.

La spiritualità della Controriforma ebbe un tono particolarmente attivista e si volse all'evangelizzazione dei territori di recente scoperta in estremo Oriente e nelle Americhe. Pari entusiasmo animò la fondazione di confraternite, congregazioni, di associazioni di carità, e, soprattutto da parte dei gesuiti, di scuole confessionali. Oltre al proselitismo, la Spagna della Controriforma sperimentò la fioritura della mistica, rappresentata dalle due grandi figure di santa Teresa d'Avila e san Giovanni della Croce.

 

Solo con l'elezione di papa Paolo III nel 1534 e l'acquisizione della porpora cardinalizia da parte di sinceri riformatori come Gasparo Contarini, la Chiesa ottenne gli strumenti efficaci per dar vita a un reale rinnovamento. Il papa incoraggiò la formazione e l'azione di ordini nuovi, come ad esempio i teatini, i cappuccini, le orsoline e specialmente i Gesuiti che, con il loro impulso al rinnovamento dell'educazione e il fervore catechetico dell'opera missionaria, conferirono nuovo vigore alla trasmissione della dottrina cristiana e all'apostolato.

Nel 1542 Paolo III, per difendere l'ortodossia e la coesione dottrinale arginando le tendenze eretiche che potevano sorgere all'interno della struttura ecclesiastica, istituì l'Inquisizione romana; nel 1545 convocò il Concilio di Trento per ribadire le posizioni della Chiesa in materia di dogma e di dottrina e dirimere le questioni relative alla gerarchia e alla disciplina ecclesiastica sollevate dai protestanti. Il papa collaborò spesso con un alleato scomodo, l'imperatore Carlo V, e non esitò ad adottare provvedimenti diplomatici, ma anche militari, contro i protestanti.

Il suo successore, papa Paolo IV, inaugurò un periodo di repressione ancora più aspra delle devianze dottrinali sostenendo vigorosamente l'Inquisizione, che in Spagna divenne addirittura uno strumento politico della corona; Filippo II in effetti se ne servì per assicurare l'ortodossia nel paese ed eliminare contemporaneamente l'opposizione politica e religiosa.

In Italia settentrionale verso la fine del secolo, in parte per effetto del Concilio di Trento, emerse un gruppo di vescovi di valore desiderosi di riformare il clero e di istruire il popolo; il modello invocato da molti fu il cardinale Carlo Borromeo di Milano.

La chiesa cattolica ha sempre avuto un rapporto fecondo e produttivo con l’arte. Da non dimenticare che la religione cristiana è stata l’unica grande religione monoteistica a non bandire, per motivi ideologici, la rappresentazione artistica di figure umane e di storie. Di fatto, se nell’Occidente europeo, dopo il tramonto dell’età classica, l’arte non scomparve, lo si deve soprattutto alla Chiesa. Chiesa che, pur avendo una posizione quasi di monopolio sulla produzione artistica, di fatto ha avuto sempre un atteggiamento tollerante verso la creatività degli artisti. Tolleranza che ebbe anche con l’avvento dell’umanesimo, quando il ritorno al mondo classico, ai suoi precetti estetici, nonché al racconto di quei dei ed eroi della mitologia combattuti proprio dal cristianesimo, portarono l’arte a lidi che non sembravano molto ortodossi da un punto di vista religioso, dunque non ci stupisce che il Concilio di Trento dettò norme anche per la produzione artistica commissionata dalla Chiesa (un maggior rispetto delle fonti, bando alle invenzioni gratuite e alle immagini di nudi), ma più in generale la Controriforma nel suo complesso determinò una radicale svolta dei tempi, svolta che finì per influenzare l’arte ben al di là delle indicazioni precettistiche date. I protestanti accusavano la Chiesa romana di aver perso il senso di umiltà e povertà che aveva la chiesa delle origini, per inseguire solo potere, ricchezza e piaceri terreni. In realtà, se pensiamo a papi quali Alessandro VI, forse non avevano tutti i torti. La Chiesa romana non poteva non fare una autocritica su questo argomento, ma il risultato fu essenzialmente un clima di maggior severità ma applicato soprattutto verso gli altri. La risposta della Controriforma fu l’intolleranza. Si poteva essere imprigionati, torturati e condannati a morte per semplici reati di opinione. In tal modo, più che vivificare la fede dei credenti, veniva instaurato un clima di terrore che serviva ad arginare la diffusione dello scisma riformistico. Questo clima controriformistico di fatto perdurò per tutto il XVII secolo, cominciando a diradarsi agli inizi del Settecento per scomparire definitivamente nel corso del secolo, soprattutto con l’avvento dell’Illuminismo.

Questo improvviso atteggiamento di intolleranza che la Chiesa assunse,come già accennato, condizionò l’arte in maniera più profonda di quello che può apparire a prima vista. Anche perché non dobbiamo dimenticare che all’epoca gli artisti erano ancora al servizio delle classi dominanti (Chiesa e aristocrazia) e non si sognavano minimamente di svolgere un ruolo da intellettuali controcorrente.

Gli artisti si adeguarono prontamente a questo nuovo clima: non più immagini che potevano inneggiare alla gioia e alla felicità, ma immagini che suscitavano necessità di pentimento e di sacrificio. Il martirio dei santi divenne uno dei temi più ricorrenti fino a tutto il Seicento, quasi a testimoniare una nuova visione della religione basata soprattutto sul dolore e sulla mortificazione.

Il problema, che investì il Concilio di Trento sull’iconografia non era minimo, in quanto i protestanti avevano una posizione decisamente iconoclasta: soprattutto nei paesi tedeschi si diffuse la tendenza a produrre immagini, spesso a stampa, di carattere irriverente o decisamente blasfemo nei confronti della religione cattolica. Per cui non si poteva ignorare il problema di un controllo sull’ortodossia delle immagini prodotte a fini religiosi. In realtà il Concilio di Trento non fornì norme precise, ma introdusse il principio che le opere destinate alle chiese dovevano essere approvate dal vescovo della diocesi. E se le opere non erano conformi alle aspettative, queste potevano essere rifiutate o si poteva richiederne la modifica.

L’azione di controllo, e potenzialmente di censura, fu quindi demandata ai vescovi i quali ebbero atteggiamenti diversificati. In alcuni casi l’azione fu più diretta ed incisiva. San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano dal 1560 al 1584, pubblicò nel 1577 delle precise istruzioni (Instructiones fabricae et supellectilis ecclesiasticae) destinate agli architetti e ai pittori e scultori di soggetti sacri, che rimasero quale modello di rigore per l’arte del periodo successivo. Ma già nel 1624 il cardinale Federico Borromeo, con il suo «De pictura sacra», mostrava un atteggiamento di maggiore tolleranza.

In campo artistico, in realtà, non ci furono atteggiamenti fortemente intolleranti o di censura, come avvenne invece nel caso della produzione a stampa di libri o di opere scientifiche.

Alla fine gli artisti cercarono di non usare eccessivamente il nudo, soprattutto femminile, che, se non scomparve del tutto, risultò più castigato e meno lascivo. E i soggetti mitologici, che neppure scomparvero, furono riservati solo alle opere laiche per la committenza privata.

Le prime manifestazioni, diverse ma egualmente significative, della Controriforma, come abbiamo già detto, furono il nuovo ordine dei gesuiti (1540) e l'istituzione della cosiddetta Inquisizione romana (1542) approvati da Paolo III. La potente congregazione del Sant' Uffizio, diretta da sei cardinali inquisitori e presieduta dallo stesso pontefice, divenne il centro di una vasta rete di tribunali locali, con facoltà di avviare processi anche indipendentemente dall'autorità vescovile. I gesuiti si posero al servizio di Dio e del suo vicario in terra come predicatori, missionari e insegnanti; per la loro preparazione come direttori spirituali e come educatori (soprattutto verso le classi dirigenti) e il loro attivismo politico divennero presto la forza di punta del cattolicesimo. Quando, nel 1545, fu convocato il concilio di Trento, le ultime speranze di una ricomposizione dell'unità dei cristiani si erano dissolte. L'aspetto dottrinale fu quindi affrontato confermando, contro le critiche dei riformati, i dogmi, i sacramenti e la loro efficacia ex opere operato (per il solo fatto di essere amministrati, indipendentemente dallo stato di grazia di chi li dispensa), il valore delle opere, il Purgatorio, l'invocazione e la venerazione dei santi, il culto delle reliquie e delle immagini, la pratica indulgenziale. Per quanto riguarda il rinnovamento della chiesa venne sancito l'obbligo della residenza per i vescovi e i sacerdoti in cura d'anime, il divieto di cumulare benefici curati, la necessità di una vita modesta e di costumi integri per tutto il clero. Si pose ogni cura nella distinzione tra i sacerdoti e il popolo dei fedeli, ribadendo che non era lecito a quest'ultimo discutere e giudicare su questioni di fede (la Riforma aveva al contrario posto in discussione questa gerarchia con la dottrina del sacerdozio universale). Si stabilirono a tutti i livelli della gerarchia ecclesiastica forme precise di sorveglianza (controllo di Roma sui vescovi, dei vescovi sul clero secolare e sui monasteri, clausura per i monasteri femminili, visite annue agli istituti ecclesiastici e ai luoghi pii della diocesi)..

Al termine del concilio vennero imposti a tutta la chiesa la Confessio fidei tridentinae e il Catechismo romano, mentre un'apposita congregazione cardinalizia per l'uniforme applicazione dei decreti fu istituita da Pio IV (1564). Ma soprattutto l'opera di vescovi zelanti (quali Carlo Borromeo e Alessandro Sauli, il cardinale Paleotti e altri) influì concretamente sui costumi del clero e sulla vita dei laici, attraverso misure quali l'imposizione dell'osservanza delle feste, la fondazione di nuove confraternite e il diretto controllo di quelle già esistenti, la condanna di meretrici, bestemmiatori e commedianti, la soppressione delle credenze popolari (che ebbe il suo aspetto più drammatico nella caccia alle streghe). Attraverso la predicazione, l'arte sacra, la liturgia, le processioni, gli esempi di santità, la ripresa della mistica e dell'ascetica (con Teresa d'Avila, Giovanni della Croce, Francesco di Sales) si infusero le verità della fede, sollecitando la partecipazione e l'imitazione da parte di tutti gli strati sociali. Si cercò nel contempo di cancellare le manifestazioni "eccessive" della pietà popolare, per incanalarla verso forme ortodosse e disciplinari (culto eucaristico, devozioni a Cristo, alla Madonna, ai santi). L'obbligo della confessione auricolare contribuì in modo rilevante a un controllo capillare sui comportamenti dei fedeli. Nei due campi contrapposti, cattolico e protestante, l'irrigidirsi delle frontiere confessionali generò atteggiamenti simili: puntualizzazione dottrinale, intolleranza verso gli incerti e i dissidenti, impedimenti alla circolazione delle idee, proselitismo e propaganda. Sul piano teologico, che vide fiorire una vasta produzione controversista, il gesuita Roberto Bellarmino fu il campione della Controriforma: con le sue Disputationes (1586-1593) intese ribattere, punto per punto, tutte le affermazioni dei riformati. Rapido fu lo sviluppo dell'ordine del Bellarmino, fondato da Ignazio di Loyola  la  intenzione si tesaurizza nel motto “Ad maiorem Dei gloriam”, la storia dell’ ordine si distingue in due fasi: fino alla soppressione del 1773, decretata da Clemente XIV dopo l'espulsione dei gesuiti dai maggiori stati europei a causa del diffuso anticurialismo; dal 1814 in avanti, quando venne ricostituita da Pio VII. Alla sua guida sta il preposito generale, nominato a vita e coadiuvato dai padri assistenti e provinciali. A seconda dei voti i suoi membri si distinguono in: professi (gli unici a emettere il voto di obbedienza speciale al papa), scolastici, coadiutori spirituali e temporali e comunque la preparazione richiesta a un candidato, se intende divenire sacerdote o "fratello coadiutore", è considerevolmente più lunga di quella richiesta ai sacerdoti diocesani e ai membri di altri ordini: dopo due anni di studio e preghiera come novizio, il candidato pronuncia i voti semplici di povertà, castità e obbedienza e prosegue la sua preparazione, detta scolasticato, con studi linguistici e filosofici per almeno quattro anni, impegnandosi poi in studi universitari, per approdare finalmente alla teologia (non meno di cinque anni di studio) e all'ordinazione sacerdotale.

Dopo alcuni anni di lavoro pastorale il gesuita è chiamato a pronunciare i voti solenni e definitivi, a cui si aggiunge, per i sacerdoti più preparati, un quarto voto di obbedienza speciale al papa. L'ordine è governato da un superiore generale eletto a vita dalla congregazione generale, che è formata da rappresentanti dei gesuiti di tutto il mondo Le missioni costituirono fin dall'inizio una delle principali attività dei gesuiti, accanto all'insegnamento, praticato nei collegi secondo il metodo della Ratio studiorum, alla lotta contro il protestantesimo, ai ministeri sacerdotali, alla produzione scientifico-culturale. I risvolti politici della loro invadente presenza a corte, e delle originali esperienze autonomistiche delle missioni paraguaiane, provocarono i provvedimenti repressivi attuati nel secondo Settecento. Riorganizzata la loro rete di case e collegi, i gesuiti estesero la loro presenza in molti paesi svolgendo un'intensa attività missionaria e educativa,infatti  aprirono scuole e collegi in tutta Europa, esercitando per 150 anni il loro ruolo educativo: oltre 500 erano i loro istituti nel 1640 e ben presto si aggiunse la direzione totale o parziale di numerose università, seminari e centri di studi.Durante la  loro opera nel tentivo di rafforzare il cattolicesimo e nel contenere l'espansione del protestantesimo, educarono i giovani provenienti dalle famiglie più eminenti e soprattutto non trascurarono l'istruzione popolare.

Nel contempo una nuova congregazione cardinalizia (1571) ebbe il compito di aggiornare continuamente l'Indice dei libri proibiti (introdotto da Paolo IV nel 1559), sulla base del quale le opere "eterodosse" venivano sequestrate e bruciate. Anche il settore dell'istruzione popolare ricevette un forte impulso dal clima di lotta confessionale: al fianco della Compagnia di Gesù operarono gli scolopi di Giuseppe Calasanzio, la Congregazione dei preti dell'oratorio di Filippo Neri, le scuole della dottrina cristiana, le orsoline di Angela Merici. Il potere secolare trasse indubbi vantaggi dalla pedagogia della Controriforma, che insegnava la sottomissione all'autorità, il dovere di obbedienza, l'accettazione di buon grado della fatica quotidiana. Non per questo cessarono i ricorrenti contrasti giurisdizionali tra chiesa e potere politico, che anzi produssero momenti di grande tensione all'interno dell'area cattolica: basti ricordare lo scontro tra Carlo Borromeo e il governo milanese, o la "guerra delle scritture" tra la curia romana e Venezia, che si affidò a Paolo Sarpi per sostenere le proprie ragioni. Certamente l'egemonia spagnola nel Mediterraneo portò un sostegno decisivo all'imposizione dell'uniformità cattolica in Italia e nella penisola iberica. Dal punto di vista militare fu la Germania il principale terreno di lotta, dalla fondazione della Lega di Smalcalda (1531) fino alla pace di Vestfalia (1648), che sancì il riconoscimento dei diritti dei principi protestanti e sancirono la divisione religiosa del territorio. La Boemia fu ricondotta al cattolicesimo soffocando la presenza hussita e protestante; in Polonia la restaurazione avvenne sotto il regno di Stefano Bathory (1575-1586) con il contributo fondamentale dei gesuiti. In Francia, con il passaggio al cattolicesimo di Enrico di Borbone, le guerre di religione ebbero termine e si giunse alla convivenza (editto di Nantes, 1598). Sullo scorcio del Cinquecento il pericolo di infiltrazioni ereticali in Italia e nel mondo iberico era ormai sventato; non per questo cessarono di operare gli organismi di controllo e di repressione messi a punto nei decenni precedenti. Si volsero anzi all'interno, a colpire ogni atteggiamento non conformista e ogni manifestazione di pensiero filosofico e scientifico che fosse avvertito come una minaccia per l'autorità della chiesa (condanna al rogo di Giordano Bruno, 1600; processo contro Galileo Galilei, 1633). Intorno alla metà del Seicento si era ormai chiusa la fase militare della Controriforma e la Santa sede aveva già perso il suo ruolo centrale nella politica europea, mentre allargava la sua influenza nelle Americhe e in Asia attraverso le missioni. Sul finire del secolo la circolazione delle idee e lo sviluppo delle conoscenze iniziavano a incrinare il suo controllo sul mondo intellettuale. Ma il processo messo in moto dalla Controriforma continuò per lungo tempo a produrre effetti sulla società, soprattutto sui comportamenti e la mentalità delle popolazioni cattoliche delle campagne, appena sfiorate dai ritmi della politica e del progresso.

   
         
         
   

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