I Gesuiti

   
   

La Compagnia di Gesù fu fondata nel 1534 dallo spagnolo Sant’Ignazio di Loyola in forma di un vero e proprio esercito al servizio del Papa per ricostituire in seno al cattolicesimo  e difendere dalla riforma l’ortodossia dottrinale.

E principali,  tra  le forme assunte dall’attività della Compagnia  per il conseguimento di questo scopo, furono l’istruzione e l’educazione della gioventù.

Il collegio, ossia l’internato nel quale all’istruzione potesse congiungersi un’educazione data sotto la sorveglianza continua dei Padri, fu il mezzo che essi escogitarono come più adatto allo scopo. In essi, disseminati in tutta Europa, vi erano accolti soprattutto i giovani della nobiltà e delle famiglie borghesi più ricche, quelli  destinati ad occupare alti uffici civili e politici e comunque a costituire la classe dirigente attraverso la quale l’opera educativa poteva agire su tutta la società.

Mentre lasciavano alla famiglia la cura della prima educazione e dell’istruzione elementare dei figli, i Gesuiti li prendevano nelle loro mani quando erano già entrati nell’adolescenza e si trovavano nel periodo più delicato e critico della loro formazione individuale.

Dopo mezzo secolo di esperienze didattiche vagliate rigorosamente con un lavoro di più anni, fu pubblicata nel 1599 quella Ratio Studiorum che costituì il codice didattico completo e particolareggiato  che regolò l’istruzione gesuitica per più di due secoli.

Sant'Ignazio - Roma

 

La Compagnia, organizzata quasi militarmente, imponeva ai propri membri la disciplina più rigida e soprattutto l’obbedienza più assoluta alla volontà del superiore: a questo stesso spirito di subordinazione all’autorità religiosa i Gesuiti cercano di  ispirare l’opera formativa dei giovani. La rinunzia  ad ogni indipendenza di pensiero  o atteggiamento critico in ciò che riguardi la dottrina o la pratica religiosa, la disposizione a diffidare – almeno nelle questioni più gravi - del proprio giudizio individuale per rimettere la direzione della propria coscienza al confessore, sono i risultati più importanti da conseguire.

Tutto ciò non escludeva un’accorta condiscendenza verso la mondanità e le esigenze della società nella quale i giovani delle classi elevate erano destinati ad entrare. Era incoraggiata la tendenza a primeggiare o almeno a figurare bene nella vita da gentiluomo o nell’ufficio cui il giovane era indirizzato. Si offriva tutto ciò che potesse essere di ornamento dell’ingegno in una esistenza signorilmente decorosa.

Il Collegio Romano

Erano distinti due ordini di scuole: un grado inferiore di cinque anni ( tre di grammatica, una di  retorica e una di umanità) e uno superiore che comprendeva tre anni di filosofia oltre quattro di teologia per gli aspiranti alla carriera  ecclesiastica.

Nella scuola di filosofia era Aristotele l’autore esclusivamente ammesso: la logica, la fisica e l’etica, la metafisica e la psicologia erano insegnate quasi sempre su testi aristotelici secondo la dottrina accolta e fissata nella tradizione  cattolica più rigidamente ortodossa.

Nelle scuole inferiori era il latino la materia d’insegnamento veramente fondamentale o  centrale, nella scia della tradizione umanistica, ma senza  dare alcun spazio alla libertà dello spirito per cui gli autori latini, più che per il loro contenuto di pensiero e sentimento, erano considerati come modello di bello scrivere in una lingua che era quella della Chiesa, quella universale, dei rapporti fra gli  Stati. Lo studio della forma staccata dal contenuto, l’imitazione stilistica dei classici e in particolare di Cicerone, la perfetta eloquenza erano lo scopo cui mirava l’insegnamento gesuitico nelle scuole inferiori.

Erano bandite la lingua materna rigorosamente, le scienze nei risultati più recenti ed innovatori, la storia, se non per quella parte che poteva essere occasionalmente necessaria alla comprensione degli autori antichi.

Dolce era la disciplina con esclusione di pene corporali, se non in casi estremi e non comminate dal maestro.

I Gesuiti contavano di ottenere il massimo del rendimento  dai discepoli attraverso l’emulazione, che era incoraggiata in tutti i modi con frequenti premi conferiti dagli insegnanti e distribuiti solennemente in pubblico, con gare di declamazione e di recitazione, con sfide nel profitto  non solo tra singoli alunni ma anche tra sezione di una stessa classe ( Cartaginesi contro Romani); con assegnazioni  agli alunni migliori di cariche interne alla classe che portavano titoli assunti dalla repubblica romana (decurioni, pretori, ecc.)  istituite allo scopo di stabilire una reciproca vigilanza tra gli allievi ( era legittimo anche lo spionaggio).
   
         
         
   

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