Il Secondo Dopoguerra è fortemente contraddistinto dalla "paura della bomba": tra il '52 e il '53 entrambe le due superpotenze, U.S.A. e U.R.S.S., sono dotate della famigerata bomba "h". Tutta la politica internazionale tiene conto della necessità dell'equilibrio, dettata appunto dal possesso dell'arma letale capace di distruggere intere popolazioni. Anche se motivi di forte attrito non mancano.               
Tra il 1946 e il 1949 si svolge la lunga marcia dei contadini che determina la presa del potere da parte di Mao Tse Tung in Cina. La Rivoluzione caccia dalla Cina le truppe di Ciang Kai Shek, il quale è costretto a rifugiarsi sull'isola di Formosa, per fondare la cosiddetta Cina Nazionalista, contrapposta alla Repubblica Popolare Cinese, di Mao.
E' proprio a seguito della rivoluzione Cinese, che nell'amministrazione americana, al tempo della presidenza di Dwight Eisenhower, John Foster Dulles, formula la teoria del cosiddetto "arginamento del Comunismo". Questa è la teoria che anima il conflitto di Corea. Tale penisola, dagli accordi presi tra le potenze alla fine della Guerra Mondiale, era divisa all'altezza del 38° parallelo, e i due Stati così formati, erano due Dittature, quella al Nord di carattere comunista, l'altra, al sud, di orientamento filo-americano. Il Nord, aiutato da numerosi volontari provenienti dalla Cina,  invade il Sud, che quindi si difende grazie al massiccio intervento americano. La Guerra che ne deriva dura tre anni (1950-53), provoca due milioni di morti, e si conclude con un Trattato firmato a Parigi che ristabilisce, come se niente fosse accaduto, lo status della divisione prebellica del 38° parallelo.
Situazione analoga è quella che si viene a verificare in Estremo Oriente, in Vietnam. Dopo la cacciata dei Giapponesi, alla fine del II conflitto mondiale, la Francia prende atto di una divisione di fatto del territorio da lei amministrato prima della guerra: a Nord della penisola vietnamita si era installato un regime comunista sostenuto da U.R.S.S. e Cina, con capitale Hanoi, al Sud, invece, un regime filo-americano sostenuto direttamente dagli U.S.A.. Tale situazione viene sancita con l'Armistizio di Ginevra del 1954.
La dottrina di John Foster Dulles viene messa in pratica almeno nel caso eclatante della risollevazione quasi fulminea dei due grandi sconfitti della II G.M.: due enormi barriere al dilagare del comunismo sono le due nuove nazioni Giappone e Germania, che, nello spazio di pochi anni, non solo portano a termine la loro rispettiva ricostruzione, ma, anche grazie agli smisurati aiuti dalla finanza statunitense, si avviano a diventare due  fra i più moderni e industrializzati paesi del mondo. 
La fine degli anni 50 si suole considerarla come l'epoca della distensione: è l'epoca della destalinizzazione operata da Nikita Kruscev (1956, XX congresso del P.C.U.S.), è l'epoca di John Fitzgerald Kennedy, vero promotore della distensione, è l'epoca di Papa Giovanni XXIII, con la sua enciclica Pacem in Terris. Eppure, anche all'interno di un'atmosfera siffatta, c'è stato lo spazio per un episodio storico che ha fatto concretamente sfiorare la III Guerra mondiale. E' l'episodio nato intorno alla crisi della dittatura di Fulgenzio Batista a Cuba. La Rivoluzione con a capo Fidel Castro ed Ernesto "Che" Guevara, spazza via il fantoccio di un potere sostenuto artificialmente dall'esterno, e crea lo smacco tra i più cocenti alla "dottrina di Monroe" ( 1822: l'America agli Americani). Inutile risulta il tentativo, da parte dell'amministrazione kennediana, di organizzare un golpe anti-castrista (1961), sventato con lo scontro della Baia dei Porci. Molto più grave è la crisi dei missili, risalente all'anno successivo. Gli U.S.A. intimano alle navi sovietiche il blocco dei rifornimenti all'isola caraibica, in forza del sospetto di installazione di missili a media gittata puntati su obiettivi nevralgici nordamericani. Si spengono a fatica, dopo un incontro al vertice Kennedy-Kruscev, le pericolosissime tensioni che derivano dai su descritti avvenimenti.
Gli impegni che le superpotenze prendono riguardo la Crisi annosa del Medio-Oriente, sono di carattere indiretto. Rimandando a trattazione specifica su questo stesso sito (si veda Palestina e Israele, due popoli. Due Stati?), dell'argomento si citano solo le tappe salienti: dal 1948, anno del ritiro della Gran Bretagna dalla Palestina e della correlata formazione dello Stato di Israele di Ben Gurion, all'autoinvestitura di Nasser, leader dell'Egitto di allora, a difensore della causa dei fratelli arabo-palestinesi; dalla Guerra dei sei giorni (1967), alla Guerra del Kippur (1974); dallo stillicidio dell'occupazione colonica, alla risposta terroristica; da Camp David all'intifada.
La situazione in Vietnam presto degenera, assolutamente insufficiente si rivela la sistemazione che si era tentato di dare con la spartizione delle zone di influenza. Il governo di Saigon, governo autoritario assistito da consiglieri americani, comincia a subire il ritorno di un grande e incisivo movimento di resistenza, quello dei vietcong, con tanti volontari provenienti dal Nord, da Hanoi. Il Leader del movimento dei vietcong è Ho-Chi-Min, e, a fronte dell'intervento americano a sostegno del Vietnam del Sud, subito riceve aiuti cospicui da U.R.S.S. e Cina Popolare. In particolare l'intervento americano, deciso da Kennedy, viene portato avanti da Lindon Johnson, e causa in America infinite proteste, perché l'opinione pubblica difficilmente si convince dell'opportunità di questo impegno in una terra così lontana e non solo geograficamente. Il rifiuto della Guerra in Vietnam, con il connesso rifiuto della chiamata alle armi da parte dei giovani americani, è uno degli argomenti forti della protesta sessantottina. La "Dirty War" si rivela da subito difficilissima , perché le truppe tecnologicamente avanzate degli statunitensi si impantanano presto in un territorio naturalmente ostile, all'interno di cui, invece, i Vietcong si muovono a loro agio. Nonostante l'impiego di armi terribili (ad es. napalm) sono talmente grandi le difficoltà che gli americani incontrano che il successore di Johnson, il presidente Richard Nixon decide di diminuire di intensità l'intervento, fino a trasformarlo in semplice invio di aiuti. Il conflitto cessa formalmente solo nel 1973 con l'armistizio che si firma in Gennaio a Parigi. Gli U.S.A.  lasciano Saigon il 30/4/1975, e da quel momento il Vietnam è un'unica repubblica con capitale Ho-Chi-Minh (ex Hanoi)
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